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“Questo l’ho fatto io!” – Ricordi proustiani d’infanzia. Su quell’esclamazione si fermava la mia attenzione di bambina e poi di ragazza quando sbriciavo la Settimana Enigmistica di mio padre (guai a toccarla, anzi: limitarsi a Unisci-i-punti e, al massimo, agli schemi facilitati – non avvicinarsi alle Parole-senza-schema e, comunque, non guardarle per più di 30 secondi di fila se non si è già risolto in meno di 45 minuti uno schema libero di Bartezzaghi o di Malaguti senza aver fatto errori e senza aver chiesto l’aiuto del pubblico. Pena: la denuncia all’Associazione Enigmisti Anonimi che si sarebbe pronunciata con una sentenza anagrammata).
Tornando a “Questo l’ho fatto io!” (che è ancora vivo e vegeto): un trattino di inchiostro da completare scatenando la propria fantasia, sfidando quella degli altri enigmisti aspiranti artisti e lasciandoli a bocca aperta con vere e proprie opere d’arte che avrebbero scintillato in faccia ai maligni e ai superbi in un quadrato di 5 cm per lato (mi pare).
A dispetto del mio mancinismo, le mie capacità artistico-pittoriche non sono mai state copiose né evidenti. Quel quadrato che mi era concesso nella quarantina di pagine del noto settimanale non ha mai incontrato la mia penna, che è invece furtivamente passata da tutti i tipi di incroci a quadrati bianchi e neri, imbrattando ogni tanto (e impunemente) anche quelli senza schema (senza lasciare troppe tracce agli Enigmisti Anonimi).
Quell’invito artistico, però, è stato da me trasferito in cucina, dove ho trovato l’ispirazione a creare con le mie mani quello che solitamente vedevo sugli scaffali del supermercato.
E poi, a chi non è mai venuta in mente questa idea? Provare a riprodurre qualcosa che assomigliasse (anche lontanamente) alla merenda/snack tanto reclamizzata per poi dire agli amici increduli “Questo l’ho fatto io!”? Nella fantasia il prodotto sarà stato praticamente perfetto, identico all’originale (se non fosse per l’incartamento). Nella pratica, magari, il risultato tanto perfetto non sarà stato, le differenze non avranno riguardato soltanto l’incartamento…però…vuoi mettere la soddisfazione del “fattoincasa”…e soprattutto, nel caso specifico, del “pronto-in-meno-di-cinque-minuti-cinque” (niente forno, niente cotture, niente burro né uova)??
Questa la storia delle mie praline al cocco che, lontanamente, volevano ricordare i “Raffaello Ferrero” (dai quali sono rimasti abbastanza distanti, conservando – bisogna dargliene atto -una loro identità di tutto rispetto) e che, nella realtà, mi hanno portato via cinque minuti e consegnato, in cambio, tanta soddisfazione.
Mi sono ispirata, modificandola, ad una ricetta trovata in giro sul web, rispetto alla quale ho ridotto la percentuale di zucchero e apportato qualche piccola modifica…e, comunque, QUESTO L’HO FATTO IO!!!!!
Ingredienti
- 200 gr di wafer alla vaniglia
- 2 cucchiai di zucchero
- 250 gr di mascarpone
- 300 gr di cocco rapé
- Nocciole q.b. (una per pralina)
- Cocco rapè q.b. per il decoro
Procedimento
Tritare i wafer in un robot (o Bimby), aggiungere poi tutti gli altri ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo. Formare delle palline, inserire la nocciola e richiuderle.
Ripassarle una ad una nella farina di cocco, lasciar riposare un’oretta in frigo e servire.
Mmm…sono golosissimi!
Grazie mille!!!!!!:)
Sei bravissima!!!!!!! Complimenti! Sembrano molto buoni e invitanti
Grazie Maria Filomena!!!!!!!!!
buonissimi e bellissimo articolo
Grazie Gioia, mi fa molto piacere!!!!!
Anche se dei Raffaello non hanno la forma, sono talmente facili e invitanti che meritano di essere minimo dei Michelangelo!
Come il tuo papà, sono anch’io un’abile enigmista…
Grazie silva!!!!
ciao, devono essere buonissimi!!!
sì lo sono 🙂 grazie giovanna!
Preso nota.
Grazie.
Nicola
GRAZIE NICOLA!
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